mercoledì 24 aprile 2013

Lettera all'Ordine


Questa lettera è stata inviata all’Ordine degli Architetti di Milano.
Chi ritiene di poter sottoscrivere questo testo, scriva il suo nome nei commenti e lo aggiungeremo in calce alla lettera.
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Gentile Presidente Daniela Volpi,
siamo un gruppo di architetti iscritti all’Ordine da poco meno di dieci anni.
Da qualche giorno abbiamo ricevuto la richiesta di pagamento per l’iscrizione all’Ordine degli Architetti della Provincia di Milano e vorremmo evidenziare le ragioni per le quali non vogliamo pagare questa quota, quest’anno. Si tratta di ragioni sintetizzabili entro due grandi temi: la condizione del lavoro degli architetti e l’importante ruolo culturale che l’Ordine dovrebbe svolgere.
Molti di noi hanno iniziato la propria professione lavorando in studi di architettura di Milano, nei quali ci è stato chiesto di aprire una partita iva per poter essere pagati, nonostante un chiaro rapporto di dipendenza. Questa richiesta è ormai una pratica diffusa a Milano e in Italia in generale, qualsiasi forma contrattuale diversa è ormai un miraggio da molti anni.
Chi di noi ha invece deciso di fare esperienza all’estero ha trovato ben altra situazione con, in alcuni casi, contratti nazionali per gli architetti stesi con il contributo degli ordini professionali stessi.
L’apertura della partita iva come architetto prevede l’iscrizione ad Inarcassa ed il conseguenteuso delle agevolazioni per i primi tre / cinque anni. Queste agevolazioni, invece di aiutare i giovani iscritti, però, si sono naturalmente configurate come un aiuto indiretto agli studi di architettura consolidati, che potevano così mantenere bassi compensi, visti i “limitati” contributi che avremmo dovuto pagare. Al momento di aprire i nostri studi di architettura quelle agevolazioni, studiate appunto per questa situazione, erano purtroppo già scadute anni prima.
D’altronde, in questo momento di grandissima crisi, che colpisce più di ogni altro il settore dell’edilizia (per non parlare dell’architettura, naturalmente) Inarcassa continua il suo piano di aumenti, varato qualche anno fa, innalzando la quota dei contributi minimi di circa 1.000 euro, ovvero del 50% rispetto all’anno precedente. Questi aumenti arrivano incuranti di un momento di forte crisi, soprattutto per le fasce più giovani o per chi, forse stupidamente, ha pensato di investire in Italia dando avvio ad una attività innovativa. Non ci è parso di sentire levarsi dall’Ordine alcuna considerazione in proposito.
Al momento dell’apertura dello studio, poi, abbiamo scritto mail al Comune di Milano, alla Camera di Commercio, alla Provincia, ad Inarcassa, al Ministero dello Sviluppo Economico e, naturalmente, all’Ordine degli Architetti, chiedendo se ci fossero degli incentivi per l’apertura di nuove attività imprenditoriali. In generale abbiamo ricevuto risposte negative, ma gli unici da cui non abbiamo ricevuto alcun messaggio è stato l’Ordine.
In questo momento, dunque, ci risulta più semplice capire anche le ragioni degli studi di architettura, il loro ricorso alle false partite iva, ai bassi stipendi, ai bassi investimenti, che sono dovuti, almeno in parte, alle difficoltà di agire in una realtà che non aiuta certo le imprese innovative.
Anche perchè, contemporaneamente, il mercato del lavoro, nel campo dell’Architettura, è diventato una selva oscura, con altre 6 figure professionali, oltre all’Architetto, abilitate a firmare progetti in Italia e con migliaia di architetti che si laureano ogni anno; con una università che ha abbassato il proprio livello per venire incontro ad una massa di persone che finiscono per non fare il lavoro per cui si sono laureate; con richieste di stage gratuiti di mesi; con clienti che, per la mancanza di cultura generale, pensano che il lavoro dell’architetto sia fondamentalmente inutile o al più decorativo e finalizzato a dare una parvenza di bellezza posticcia agli spazi abitati o, ancor peggio, ad essere una sorta di tassa amara per sbrigare delle pratiche burocratiche di cui non colgono il senso (per le quali noi stessi, spesso, facciamo fatica a carpirne l’essenza). In questo senso abbiamo sempre ritenuto che il ruolo dell’Ordine avrebbe dovuto essere più forte nei confronti di tutti i cittadini diffondendo una maggiore cultura architettonica a partire dall’Università, ovvero dalla formazione stessa ma anche intervenendo più decisamente sull’opinione pubblica .
Il nostro dubbio, allora, si esprime in una domanda: nella nostra attività lavorativa, a cosa ci è servito essere iscritti ad un Ordine professionale?
Per quanto riguarda il ruolo culturale dell’Ordine, non possiamo che notare l’assoluta sconfitta dell’architettura, della progettazione dello spazio, quando osserviamo la città di Milano e in generale il paesaggio, urbano e naturale, italiano.
Negli ultimi anni la crescita della città è stata concessa, senza alcun limite, alla speculazione più bieca, che ha trasformato la complessità urbana in un indistinto susseguirsi di spazi residenziali, di pessima qualità e a costi inaccessibili ai più.
Abbiamo visto costruire un solo edificio pubblico di una certa importanza (o, meglio, quello che è stato l’unico nuovo edificio pubblico per almeno una quindicina d’anni) a Milano, il Teatro degli Arcimboldi, senza alcun concorso pubblico.
Abbiamo visto trasformare i concorsi di architettura in gare d’appalto integrate, e non per progetti di importanza relativa, ma anche quando hanno interessato icone della città come il Teatro alla Scala.
Abbiamo atteso per anni che si costruisse la Biblioteca Europea, unico, nuovo, edificio pubblico ad essere progettato attraverso un concorso (a parte, forse, il Museo del 900, che però è la trasformazione di un edificio esistente), ma ormai dimenticato.
Abbiamo visto riproporsi gli stessi errori per il Museo di Arte Contemporanea, per il Teatro e Museo a Maciachini e per molte altre trasformazioni urbane che non hanno mai ricevuto uno stimolo, da parte delle Istituzioni, affinchè la progettazione di grandi aree urbane avesse una forte qualità per tutti i cittadini ma soprattutto perchè venissero effettivamente costruite.
Ci ricordiamo dei vostri interventi sul Teatro degli Arcimboldi e sul Museo di Arte Contemporanea, ma il fatto che nulla sia avvenuto, ci fa supporre che il parere dell’Ordine abbia un valore assai limitato quando si tratta di progettare la città: a questo Ordine che dovremmo fare affidamento?
Per chiudere, vorremmo ricordarle che con la nostra quota, finanziamo, insieme agli altri iscritti lombardi, una rivista che, nonostante un timido e tardivo tentativo di miglioramento nei mesi passati, sfigura di fronte a qualsiasi rivista europea corrispondente (le conoscerà, ma la invito a sfogliare le riviste dei Collegi di Architettura spagnoli o olandesi) e per di più pare sia a rischio di chiusura o di passaggio cartaceo-web.
Con queste premesse, dunque, ribadiamo che non vogliamo pagare la quota di iscrizione all’Ordine degli Architetti, almeno finchè non ci verrà dimostrata l’utilità dell’iscrizione stessa.
Con noi sono molti altri professionisti, e altri ancora cercheremo di coinvolgere, che richiedono una vostra risposta, ma, soprattutto, un vostro intervento reale, che non sia fatto di parole, che ci faccia capire il perchè di un’iscrizione ad una Istituzione che ci pare sia, fino ad ora, semplice retaggio di un passato che forse non esiste più.
In attesa di un suo cortese riscontro,
Cordiali saluti,
Arch. Diego Terna
Arch. Chiara Quinzii
Arch. Dora Pugliese
Arch. Luca Astorri
Arch. Riccardo Balzarotti
Arch. Luca Moscelli

domenica 21 aprile 2013

Architettura della densità



"Michael Wolf è un fotografo tedesco nato nel 1954. 
Vive tra Parigi e Hong Kong, fa molte cose: ha iniziato come fotogiornalista con la rivista tedesca Stern, ha vinto per due anni il World Press Photo (nel 2005 e 2010) e nel 2010 è stato selezionato per il prestigioso Premio Pictet (è infatti sua l’immagine del catalogo di quell’anno, il cui tema era Crescita). 
Wolf ha collezionato, sotto forma di album fotografici, diversi aspetti della vita quotidiana provando a descrivere il ruolo delle persone sole in mezzo alla massa, soprattutto nelle grandi città. Una serie interessante si intitola Architecture of density ed è una grande collezione di fotografie dei palazzi di Hong Kong. Fotografati da vicino, escludendo qualsiasi riferimento che possa connotarli (dall’inquadratura sono esclusi il cielo e la terra), in maniera piatta, i palazzi, diventano pattern astratti, ripetizioni infinite di moduli architettonici senza persone ma con piccole e mimetizzate tracce di vita umana."